Il rischio di pandemia da coronavirus spaventa i mercati. Per i mercati azionari globali è stata la peggiore settimana dal 2008, l’anno del crac di Lehman Brothers che innescò la crisi dei mutui. Secondo il Financial Times, le azioni in media hanno perso un decimo del loro valore in questi sette giorni, mentre per il Wsj in 6 giorni il solo S&P, cioè l’indice che raggruppa le 500 maggiori società Usa, ha bruciato 3.400 miliardi di dollari, cioè due circa volte il Pil dell’Italia.
Anche venerdì 28 febbraio le Borse europee sono andate a picco e in una sola giornata hanno bruciato oltre 320 miliardi di euro. Londra è arretrata del 3,11%, Milano del 3,58% (-22,5 miliardi di euro di capitalizzazione), Francoforte del 3,93% e Parigi del 3,38%. Tokyo ha perso il 3,7%. Wall Street ha invece limitato i danni in chiusura, con il Dow Jones in calo dell’1,33% e il Nasdaq a un soffio dalla parità dopo aver ceduto fino al 4% nel corso di una sessione, in seguito a una dichiarazione del presidente della Fed, Jerome Powell, che è stata interpretata come un’apertura a un taglio dei tassi.
Il coronavirus non è più un’emergenza prioritariamente cinese: per il terzo giorno consecutivo i dati di contagio fuori dalla Cina hanno superato quelli all’interno. Il virus, secondo l’Oms, si è diffuso in almeno 46 paesi e ormai non ha più confini.
L’indice della paura
L’indice Vix, il cosiddetto ‘indice della paura‘, una delle misure più attentamente osservate sulla volatilità dei listini, è salito oltre i 42 punti, al top dall’ottobre 2011 a dimostrazione dell’incertezza e dello spavento che regna sui mercati.
Il rendimento dei Treasury Usa a 10 anni è crollato di oltre un quarto di punto percentuale questa settimana, scendendo per la prima volta sotto l’1,2%. Un dato preoccupante, perché dimostra che in America gli investitori comprano titoli di Stato perché non si fidano più, in prospettiva, dei mercati azionari e della crescita economica, che pure finora non ha dato problemi.
Anche il rendimento del Bund tedesco è arretrato a -0,620%, mentre lo spread tra Btp e Bund si è mantenuto a quota 170, dopo un top a 182 punti. In compenso il prezzo dell’oro è calato a picco ed è sceso del 3,5% a 1.588 dollari l’oncia.
La discesa è arrivata a pochi giorni dal rally che aveva spinto il prezzo del metallo giallo a quasi 1.700 dollari. A farlo scendere è il calo dei consumi, specie in Cina, che batte nettamente la spinta ad acquistarlo come bene rifugio.
Petrolio ai minimi da 14 mesi
L’euro è andato in rally, sorpassando quota 1,10 dollari. Un rialzo legato al carry trading. In pratica gli investitori questa settimana hanno preso in prestito euro a basso costo per investire in attività più rischiose e ora, spaventati dalle turbolenze di mercato, stanno vendendo quelle attività e riacquistano euro. Continua a sprofondare il prezzo del petrolio, con il Wti in discesa del 4,5% sotto i 45 dollari al barile, il minimo da 14 mesi.
“Il mercato sta rapidamente valutando uno scenario terribile, paragonabile a quello che abbiamo visto in Cina”, afferma al Ft Tai Hui, capo stratega per il mercato asiatico di JPMorgan Asset Management. Peter Dixon, economista di Commerzbank, spiega al Wsj che il calo attuale è più simile al crollo del 2000 che alla crisi finanziaria globale del 2008-2009, innescata dal fallimento di Lehman Brothers.
“È un tipo diverso di evento perché stiamo reagendo a ciò che potrebbe accadere, mentre nell’ultima grande crisi stavamo reagendo a ciò che stava realmente accadendo. È quasi impossibile per investitori e analisti fare previsioni sensate su ciò che potrebbe accadere: siamo ciechi”.